La solitudine dello spleen

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È inevitabile dopo settimane e mesi di condivisione “coniugale” di una campagna elettorale, che anche il consulente viva e subisca, in misura diversa, la delusione di una sconfitta.

Perché ovviamente non tutte le campagne che seguo si chiudono con la gioia dell’elezione del cliente, così, per quanto mi sforzi e ci sforziamo di essere “professionisti”, evitando un coinvolgimento emotivo e, di conseguenza, l’adozione di scelte nettamente partigiane, nella sconfitta elettorale ci sono sempre due diverse delusioni che si tramutano in due differenti solitudini, che quasi mai s’incontrano: quella del candidato e quella dello spin. Quest’ultima, a spoglio in corso e con un risultato incerto, diventa spleen.

La mia solitudine inizia a montare dalla mattina del venerdì prima del voto: comincio a ripassare mentalmente i momenti cruciali della campagna, cosa e come è stato fatto, cosa potevo fare e non ho fatto, mi rivedo in terza persona nei confronti animati con il candidato o con la sua coalizione, riavvolgo i nastri mnemonici di tutte le assurde telefonate avute con quella tipica fauna che popola le campagne elettorali, ovvero quella dell’inutile indispensabile che pur di mettersi a pavoneggiare rappresenta l’innesco più pericoloso di un’auto-implosione della campagna stessa. La mia personale vigilia di logoramento psico-fisico continua nel ripensare alle azioni e alla campagna del e dei competitor, dei suoi e loro possibili errori, dei suoi e loro punti di forza e nello scandaglio cerco di rintracciare i segnali positivi, quelli più evidenti ma soprattutto quelli marginali, labili, claudicanti per mettere il tutto nel bicchiere, per vederlo mezzo pieno!

La solitudine dello spin cresce e matura gradualmente durante tutto il fine settimana elettorale per poi subire, con la chiusura delle urne, una rapida metamorfosi in uno “stato d’animo caratterizzato da malinconia, insoddisfazione, noia e fastidio di tutto, senza una ragione precisa che lo provochi” (Treccani.it): è lo spleen dello spin che ti porti dentro per almeno due settimane e che ti spinge a collegarti continuamente all’interfaccia di eligendo.it, per vedere se la bandierina tricolore dell’eletto, per grazia ricevuta, abbandoni il nome del competitor e svetti accanto a quello del tuo cliente.

Come ne esco ogni volta? Con la certezza che la campagna “coniugale” e il suo “spleen” post – voto siano un senso unico obbligato da vivere come una catarsi elettorale, per capire fino in fondo gli errori fatti, le cazzate da evitare, le cessioni da non concedere e le scelte svincolate da una strategia.

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