I mezzi contano, ma le persone di più: memo per una campagna elettorale.

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Io penso, a costo di sembrare retorica, che siano le persone a fare la differenza, in ogni impresa, dalla più piccola alla più impegnativa. Qualcuno potrebbe dire che non è una grande scoperta, infatti non  lo è: è una ri- scoperta. Soprattutto oggi, che crediamo che le nuove tecnologie abbiano rivoluzionato la nostra esistenza, dimenticandoci che siamo noi a riempirle di significato.

Questo, molto sinteticamente, è il messaggio lanciato da Michael Slaby, coordinatore delle campagne presidenziali di Barack Obama sui social media e la rete in generale nel 2008 e nel 2012. Il 6 dicembre dello scorso anno, un personaggio di questo calibro fa tappa anche presso la facoltà di Sociologia della Federico II, in occasione di una sorta di tour italiano inerente alla comunicazione politica 2.0.

Slaby ci parla con grande naturalezza e semplicità dello sforzo incredibilmente grande di organizzare la presentazione al pubblico votante di un papabile nuovo presidente americano. E la cosa che più di tutte mi colpisce è la prospettiva apparentemente originale, ma così fortemente ovvia, con cui ci mostra l’utilizzo dei social media in una campagna elettorale: uno strumento.

Attenzione, non la soluzione, non il jolly, non l’asso nella manica, ma una tattica tra tutte le altre, anche se, indubbiamente, una tattica molto potente , se sapientemente orientata. D’altra parte, è la stessa parola a suggerirlo: medium sta per mezzo e dietro di esso c’è sempre qualcuno che lo fa funzionare, che lo guida. Si può pensare che senza le tre caravelle Colombo non avrebbe scoperto l’America, ma è stato lui a condurle in quella direzione (anche se credeva di trovarsi in un altro posto, ma questa è un’altra storia). Allo stesso modo, cosa sarebbero i più popolari social media senza utenti che decidessero di farne una parte preponderante della propria quotidianità?

Slaby, inoltre, mette in guardia dall’uso dei social come la panacea contro ogni tipo di “ritardo generazionale” : un candidato del vecchio mondo politico non sarà all’avanguardia semplicemente aprendo un account e postando un tweet. La questione è altra e decisamente di natura culturale: è vero che l’esperienza insegna, ma la pratica, specialmente riguardante nuovi mezzi,  non è pienamente proficua senza una reale e consapevole riflessione teorica a monte. E l’uso, spesso incosciente e sconsiderato di queste applicazioni digitali, è costato la reputazione di molti personaggi politici e pubblici.

L’incontro con Slaby mi ha fatto capire proprio questo: differentemente da quanto ci piaccia pensare, Obama non ha vinto le elezioni perché era il primo uomo di colore ad essersi candidato (e a ciò veniva stupidamente associata l’idea della novità!) o perché è stato uno dei primi a lanciare una tipologia di comunicazione digitale con gli americani. La campagna elettorale di Obama ha funzionato perché è stata il risultato della perfetta e sapiente integrazione di strategie comunicative multimediali.

In parole povere, Obama ha raggiunto gli anziani delle contee americane più sperdute andando a “bussare alle loro porte”, laddove un post su Facebook o una newsletter non sarebbero mai potuti arrivare. Di fatti, non tutti hanno colto l’importanza di saper coordinare e integrare mezzi diversi in vista di un unico obiettivo, così come si sono dimenticati che questi strumenti non hanno vita propria, ma sono gli utenti a dare loro una determinata impronta, in base, ovviamente, ai loro parametri di usabilità. Le nuove e vecchie tecnologie coesistono, non si escludono ed è fondamentale che i politici, e chi cura le loro campagne elettorali, non se ne dimentichino mai.

Da giovane elettrice, dunque, mi piace pensare che ciò che ha detto Slaby sia genuinamente vero: sono le persone che mobilitano altre persone, la coerenza delle proprie idee, la capacità di leadership, l’intenzione ad ascoltare. Ci sono dei valori, c’è un obiettivo e c’è un percorso per tappe fatto di strategie e quindi di tattiche e in queste ultime rientra l’uso dei social e digital media, né più né meno.

Twitter non è l’ìdea vincente, la veicola, che è molto diverso. Se il contenuto è scadente, il social media non farà miracoli, anzi, produrrà un effetto boomerang. Non è un caso che Slaby, dopo averci esposto gli enormi vantaggi e le opportunità dei nuovi mezzi di comunicazione abbia concluso affermando:

Il successo di questa campagna, però, sono stati il numero dei volontari coinvolti e dei contatti con le comunità. Autenticità e coerenza mobilitano le persone: armati di questa consapevolezza si è in grado di definire degli obiettivi e di misurare il successo

Ed essere coerenti e autentici politicamente (e non solo) richiede uno sforzo ben maggiore che pubblicare un post su un profilo virtuale.

 

Immagine: http://www.sindacato-networkers.it/articolo.php?id_art=571

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