Ad uso e consumo del competitor di Vincenzo De Luca

1947

I leader del centro-destra sono alle prese in questi giorni con la solita solfa dei veti incrociati nella scelta dei candidati da contrapporre a due incumbent di peso: Vincenzo De Luca in Campania e Michele Emiliano in Puglia.

È uno stillicidio di “questo no”, “quello neanche” e di “quell’altro forse”.

Allora nel mentre la politica che decide di non decidere continua a morire di tattica, provo a scrivere un breve vademecum a uso e consumo di chi sarà presto o tardi il competitor di Vincenzo De Luca alla carica di presidente della Regione Campania.

 

La campagna onnipresente

Se c’è una possibilità, una, di togliere forza e smalto all’immagine deluchiana, questa si sostanzia nella necessità per il suo competitor di alzare l’asticella della campagna permanente.

Premesso che De Luca è in modalità campaigning dal 1° giugno 2015, ovvero dal giorno successivo alla sua elezione, e che negli ultimi mesi e settimane non ha mai più alzato il piede destro dall’acceleratore, per provare a mettersi in pari e recuperare il tempo “perso” diventa inevitabile pensare e realizzare una campagna “all day live”.

Un “political reality”, con il candidato costantemente in diretta, senza filtri, senza mediazioni, affrancato dalle zone grigie, insomma una campagna che abbia la pretesa di mediatizzare ogni singolo secondo della giornata, mettendo al bando tutti gli “out of order” personali: al diavolo la privacy e quel poco che ancora ne rimane.

In questo caso, ancora prima del medium, è anche e soprattutto il format, il reality quale genere modalità di conoscenza e connessione, che diventa geneticamente messaggio.

Alla campagna permanente di De Luca occorre contrapporre una campagna onnipresente.

 

Il ritorno della classifica

Mai più ultimi!

È stato questo il posizionamento con il quale De Luca ha costruito la narrazione della sua azione di governo regionale per più di cinque anni, poi, all’inizio della fase 2 a maggio scorso, il richiamo alle scalate di tutte le classifiche possibili è stato improvvisamente derubricato a favore di un messaggio più istituzionale, diretto, ma con minor coinvolgimento emotivo “Campania Sicura” (anche perché, fortunatamente, le conseguenze dell’epidemia in Campania sono state meno tragiche di quelle vissute dai cittadini della Lombardia).

Una scelta dettata dalla necessità di sfruttare il più possibile il traino della “paura” e, forse, voluta anche per sottrarsi alla verifica sui risultati ottenuti in quei settori strategici della programmazione regionale quali la sanità, il trasporto pubblico locale, le bonifiche dei territori, la gestione dei fondi europei, quella del ciclo integrato dei rifiuti.

Il tema della sicurezza, come mezzo di distrazione di massa, potrebbe essere stressato da una puntuale, autorevole, credibile presentazione delle performance ottenute nell’ultimo quinquennio dalla Regione Campania nei settori strategici di competenza.

Una confutazione da affidare non ai competitor elettorali o politici, che pagherebbero inevitabilmente lo scotto della partigianeria, ma fonti terze che possano certificare oggettivamente e con una autorevolezza riconosciuta i risultati conseguiti sul campo.

 

Meglio di Pippo Baudo

Nel 1987 De Luca era già un apprezzato funzionario del PCI salernitano quando l’allora presidente della Rai, il socialista Enrico Manca, si scagliava contro Pippo Baudo, reo di aver ospitato a Fantastico (a quota 7) la satira corrosiva antisocialista di Beppe Grillo, definendo i suoi programmi nazionalpopolari.

In questi trent’anni, in verità, l’arena politica e i suoi attori si sono geneticamente modificati abdicando ai protocolli istituzionali e adottando appieno e senza timori i caratteri, le forme e le logiche dei mezzi pop. Questa trasformazione giunta alla sua piena maturazione impone oggi, ai candidati e, nello specifico di questa breve ricognizione, ai competitor deluchiani, una spinta ulteriore verso la costruzione di una narrazione trasversale, che sappia tenere assieme e coinvolgere il professionista e l’imprenditore, l’operaio e il burocrate, il pensionato e il disoccupato, lo studente e il rider, l’incazzato e l’ottimista, il radical chic e l’ambulante.

La contro-narrazione a De Luca quindi è chiamata a essere nazionalpopolare al pari, o più di quella dei programmi di Pippo Baudo, Fiorello o Maria De Filippi, una sorta di festivaldisanremo della comunicazione politica.

 

Messaggi chiari, identitari ma soprattutto emozionali

Il messaggio elettorale per essere efficace non dovrebbe smarrire la capacità di combinare nel suo impasto chiarezza, identità ed emozione. Nell’ultima fase della comunicazione elettorale per le elezioni regionali campane del 2015 i due maggiori sfidanti, Stefano Caldoro, all’epoca incumbent, e Vincenzo De Luca, ancora challenger dopo la sconfitta del 2010, sintetizzarono le rispettive narrazioni con “Finalmente il Futuro” e “Campania, A Testa Alta.”

In verità, e lo dico sommessamente, nessuno dei due posizionamenti semantici riusciva a soddisfare appieno la combinazione tra emozionalità, chiarezza e identità. Al pari, il nuovo driver scelto da De Luca per la campagna in corso “Campania Sicura”, è certamente un messaggio chiaro, ma solo implicitamente identitario (in assenza di una esplicita distinzione tra un noi e l’altro), e certamente non emozionale.

 

L’Obama che vive al di sotto del Volturno

Solo quando capiremo che la scelta grafico-creativa (che assorbe il font, i colori, le immagini e lo stile di impaginazione) di una comunicazione elettorale non può essere sganciata dal posizionamento semantico e dal vissuto del candidato, allora, sarà più semplice parafrasare Neil Armstrong è ribadire che ciò rappresenta un “piccolo passo per un uomo, un grande passo per il candidato e per l’elettore”.

Nel 2008 Barack Obama seppe graficamente interpretare alla perfezione la narrazione di una partecipazione autentica e di una rottura fattuale con le precedenti presidenze figlie dell’establishment finanziario e capitalistico utilizzando una veste grafica che violentava senza pudore le “regole” dell’impaginazione standardizzata che avevamo imparato a codificare nei decenni passati.

Chi sarà chiamato a vestire le non facili vesti di competitor del presidente Vincenzo De Luca dovrebbe avere l’ardire (conservando una coerenza rispetto alla narrazione di fondo) di spostare l’asticella del posizionamento verso una creatività di rottura, non convenzionale – rispetto a quanto si vede per lo più in giro nel campo della comunicazione politica – e poco istituzionale per provare a allungare quella striscia di attenzione di pochi secondi che i cittadini riservano, prima di innestare la marcia verso il risparmio cognitivo, ai messaggi politico-elettorali.

A De Luca non serve la bestia essendo lui stesso la Bestia.

Lascia un commento