Politica e quote rosa: davvero serve una legge?

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Davvero serve una legge per la rappresentanza in Parlamento di una percentuale di donne? Dopo la bocciatura sulla parità di genere dell’Italicum, è scoppiata la polemica. Con il presidente della Camera, Laura Boldrini, sempre presente quando si tratta di femminismo et similia (se fosse presente su questioni più importanti sarebbe meglio. Ma è un altro discorso…), irritata.

Ma siamo sicuri che le quote rosa non siano di per sé un’autentica operazione di facciata? Per quale motivo un uomo debba essere discriminato, anche se dovesse essere più valido, solo perché ci sono delle quote riservate alle donne? Con tutto il rispetto, non esistono soltanto donne formidabili come Rita Levi di Montalcini. E, quindi, rischieremmo di trovarci donne messe lì solo per legge. Senza alcun merito.   Vero, l’Italia è un paese maschilista. Ma piuttosto che proporre le quote rose, se veramente si volesse tutelare le donne, bisognerebbe permettere loro una maternità serena (anche dal punto di vista lavorativo) e asili nido, per esempio. Purtroppo, parlare di quote rose è un bello spot elettorale a cui (troppi) personaggi politici non vogliono rinunciare.

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