Dopo De Magistris, è la volta di don Mimmo

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Giovedì 10 dicembre 2020, Luigi De Magistris salva la sua poltrona con all’approvazione in extremis del bilancio preventivo, passato per un solo voto, e per la contemporanea assenza di due consiglieri comunali di Forza Italia. Così il primo cittadino è riuscito a evitare, almeno per ora, il commissariamento dopo nove anni alla guida di Palazzo San Giacomo.

A distanza di poche ore, siamo a venerdì 11 dicembre 2020, Papa Francesco nomina don Mimmo Battaglia arcivescovo di Napoli e successore del Cardinale Crescenzio Sepe, ma inconsapevolmente, sceglie anche il nuovo “sindaco” di Napoli, una città che da tempo ha smarrito il trasporto disinteressato per i politici popolari, per infatuarsi -al più- di caudilli populisti.

La provocazione è ovvia, ma nasconde una verità che già dai prossimi mesi sarà evidente ai più, credenti o meno: don Mimmo Battaglia è e sarà un Pastore, ma prima ancora riuscirà, come nessuno ha fatto negli ultimi anni, a vestire i panni di guida laica per i napoletani e a colmare il vuoto amplissimo di leadership cittadina, di personalità che sappiano scuotere l’anima e gli animi addormentati.

Sarà il vero sindaco di cui questa città meravigliosamente complessa ha bisogno e che non osa chiedere.

Nei suoi pochi anni trascorsi in Campania, dopo l’esperienza calabrese, alla guida di una diocesi storica quale quella dell’entroterra sannita di Sant’Agata de’ Goti, Cerreto e Telese, don Mimmo è riuscito sin dal primo giorno a spostare l’attenzione verso le “storie” marginali, le fragilità del quotidiano, è stato lì dove c’erano le ferite più intime dell’umanità. Il suo impegno nei quattro anni da Vescovo è profondamente segnato da una volontà a dar voce e dignità alle sofferenze, a combattere con il suo sorriso determinato quello strano senso del pudore che ci allontana dal dolore, piuttosto che avvicinarci a esso.

In Calabria si è guadagnato l’appellativo di “prete di strada” perché, come recita il titolo di un suo recente libro, lui rimane “un prete in cammino con gli ultimi”. A Napoli, don Mimmo si candida a essere quel “fratello” o quel “compagno”, intese come categorie delle relazioni umane nelle quali i napoletani di ogni ceto sociale ripongono cieca fiducia, che riuscirà a ridare la speranza a una comunità che negli ultimi anni ha elevato a modelli di riscatto e di successo solo paradigmi di dissoluzione.

Il suo cammino pastorale, volente o nolente, sconfinerà a più riprese in una dimensione laica, sarà “il titolare con la mitra e il supplente con la fascia tricolore”; la sua missione riuscirà a scavalcare, senza sforzi e sacrifici particolari, le acrobazie della politica, contribuirà a far crescere nell’opinione pubblica la percezione di inoperosità e di inefficacia della classe dirigente locale. Un divario che per don Mimmo sarà un peso e non certo un onore, ma che potrebbe far nascere la consapevolezza di lavorare tutti alla ricostruzione dalle fondamenta di un diverso e nuovo rapporto tra politica e cittadinanza.

Papa Francesco ha nominato un Vescovo, la gente lo eleggerà presto e senza andare al voto, sindaco di Napoli.

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